Incontro con Aldo Lo Curto

Incontro con Aldo Lo Curto (sabato 23/01/2010)

Sabato 23 gennaio 2010, presso la sede dell’Associazione “Le case degli Angeli di Daniele”, alla presenza della Presidente Nedda Alberghini Po e di alcuni membri, si è svolto un incontro con Aldo Lo Curto.
Medico di base per sei mesi all’anno (di “pazienti molto pazienti” come egli stesso scherzosamente dice), nella ricca provincia di Como e medico itinerante nelle più remote aree del mondo per i restanti sei mesi, la sua vicenda umana colpisce profondamente.
Con la passione di chi crede in una missione, la professione medica lo ha portato in tutti i continenti del Mondo a curare le popolazioni bisognose: dagli Indios della foresta Amazzonica, agli sperduti villaggi in Africa, in Asia e perfino nelle isole della Micronesia.
I progetti che lo hanno impegnato maggiormente sono stati in Brasile, India e negli ultimi anni anche in Mongolia e Isole Salomon.
La sua grande esperienza umana e professionale trasuda dai sui appassionati racconti, esperienze di vita vissuta a stretto contatto genti lontanissime per cultura e lingua.
Nei suoi racconti non c’è pietà o compassione, ma grande rispetto per tradizioni, usi e credenze delle popolazioni alle quali, con grande modestia, porta la sua professionalità di medico.
Non vi è nulla di romantico nel vivere a “contatto con la natura”, siano foreste o steppe desolate, se un taglio infetto, una gastrite, una diarrea, un mal di denti, un’appendicite possono causare atroci sofferenze se non addirittura la morte.
Se per noi occidentali è automatico rivolgerci al medico o al farmacista in caso di bisogno, non è purtroppo così nella maggior parte del mondo dove le primarie figure di riferimento sono sciamani, curandere e simili.
Conoscere l’antropologia delle popolazioni, consente al medico di svolgere la propria missione senza alterare gli equilibri della società e per questo motivo l’approccio iniziale deve avvenire nel pieno rispetto della struttura sociale e religiosa. Inoltre, in quanto medico, è fondamentale conoscere anche come in queste popolazioni viene vissuto il rapporto con la morte.
Più di una volta dai racconti di Aldo Lo Curto emerge l’importanza di conoscere a quali pericoli può portare un approccio sbagliato. Per esempio, nelle Isole Salomone ogni intervento su un malato che si concluda con la morte (come potrebbe essere ad esempio la somministrazione di un farmaco, oppure l’estrema unzione), è inteso dai locali come la causa della morte stessa (anche se effettivamente non lo è), e potrebbe venire punito con il taglio della testa.
La conoscenza e il rispetto sono essenziali per non essere considerati dei maldestri ciarlatani mettendo a rischio la propria vita: nelle Isole Salomone meglio dimostrare di fare il possibile trasportando il malato al più vicino ospedale piuttosto che intervenire sul corpo del paziente; in Amazzonia l’approccio alle genti di un villaggio che non ha mai visto un medico, deve avvenire gradualmente, accampandosi per esempio al di fuori dell’area delle capanne ed aspettare che siano gli abitanti stessi ad interpellarti. Di solito i primi sono i bambini che spinti dalla curiosità, si avvicinano per poi riportare agli adulti del villaggio le informazioni sul nuovo venuto. La fase successiva è quella di coinvolgere e lavorare a fianco dello sciamano del villaggio e assieme portare le cure necessarie. In Mongolia non bisogna indugiare sulla porta della yurta poiché porta male, il visitatore deve entrare, senza annunciarsi, e camminare immediatamente a sinistra dell’ingresso e solo successivamente stabilire il contatto con gli abitanti della tenda.
Un grande distacco emotivo deve caratterizzare chi sceglie di dedicarsi ai più bisognosi in condizioni così estreme, a chi non può contare su quei medicinali che in occidente sono alla portata di tutti e dove la vita umana ha un valore relativo.
Può capitare di trovarsi a dover curare due neonati ma di disporre di un’unica dose di farmaco: chi salvare? Per quanto dura da accettare, la realtà è che solo uno potrà sopravvivere e la decisione viene presa al momento in base a fattori da valutare di volta in volta.
Aldo Lo Curto racconta, non senza amarezza, di essersi trovato in una simile situazione.
Ascoltiamolo: “Ho scelto putroppo di far sopravvivere il bambino che aveva meno fratellini, affidandolo comunque alle cure di un infermiere che gli ha sommnistrato il farmaco ogni giorno, fino a salvarlo; ma non ho mai lasciato la mamma con il bambino che sarebbe morto, assistendolo lo stesso, accarezzandolo, pregando insieme allo sciamano, dandogli delle medicine "placebo", che purtroppo sapevo inefficaci: il bambino e' morto, ma io l'ho curato fino all'ultimo respiro, senza mai abbandonarlo, con grande conforto per la madre”.
La sua attività negli anni si è diversificata per portare un aiuto intelligente a chi ha bisogno. Sulla scia della esperienza del grande economista e premio Nobel Muhammad Yunus, Aldo Lo Curto ha avviato in Tamil Nadu dei progetti di microcredito rivolto alle donne.
In Africa e in Mongolia ha seguito poi progetti nelle carceri maschili e femminili.
E’ infine ormai già definitivo un volume destinato alla divulgazione di rimedi basati sulla conoscenza tradizionale di piante e animali, stampato in diverse lingue, rivolto agli abitanti della Mongolia e delle Isole Salomone.

Aspetteremo il prossimo incontro con Aldo Lo Curto per conoscere i nuovi progetti che impegneranno questo straordinario medico itinerante.

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