MINI CRONACHE DAL PERU'
soggiorno dal 13 gennaio al 10 febbraio
INIZIA L'AVVENTURA
Arriviamo alla capitale alle 21, dopo quasi 13 ore di volo. Ci aspetta all'aereoporto la persona che, nei precedenti due mesi di contatti on line ci ha assicurato una buona organizzazione del nostro primo viaggio in Perù. L'inizio non e' affatto buono, veniamo accompagnati all'albergo che si trova in un quartiere periferico fi Lima; il nostro accompagnatore, che chiameremi il Signor X, ci garantisce che e' il migliore ma, pur ostentando una parvenza di internazionalita' con una serie di bandiere davanti all'ingresso, e' abbastanza squallido.
Siamo al terzo piano, niente ascensore e valigie pesanti che, ahime' a malapena possono essere contenute, oltre a letto e tavolino nella stanza, piccola e non sufficientemente pulita (non so ancora chi mi regalera' le pulci; per fortuna le nostre esperienze africane con i bimbi di strada ci hanno insegnato il rimedio). Non posso fare a meno di pensare che non ci aspettavamo certo questo a Lima, la citta' dei Re.
In quali mani siamo finiti ? Eppure in Italia ci avevano dato garanzie sul signor X. Se il buon giorno si vede dal mattino... Le nostre previsioni sono pessime.
Ma ora la cosa piu' importante è dormire finalmente in un letto, anche se dalla strada il traffico ci manda un rumore che certo non concilierà il sonno.
16-18 gennaio
Soltanto dopo tre giorni il signor x riesce a farci il programma per la visita alla comunità indigena di Muneg Bajo, che è la ragione prima della nostra visita in Perù.
Suggerisce l'utilizzo dell'autobus ma Fortunato, saggiamente, chiede un fruoristrada, comodo e robusto, dopo aver preso visione del percorso lungo e accidentato (16 ore di pullman per quasi 400 km di montagna) e dopo aver scoperto che si dovranno portare anche tre scatole di panettoni ed alcune casse di libri per la biblioteca.
Durante il tragitto il primo incontro, imprevisto, con una piccola comunità india ci emoziona: c'è festa, una chiesa su una piazzetta, alcune bancarelle con poche povere cose e una banda di soli sassofoni che accompagna la processione del Nino (un omaggio al Bambino, in senso lato, anche se nelle vesti del Bambino Gesù).
Semplicità e gioia di gente autentica.
Pernottiamo a Huancayo (3.300 mt) città soprattutto commerciale e non particolarmente caratteristica, che infatti non ci fermiamo a visitare.
Continuiamo puntando direttamente verso la nostra meta.
Per raggiungerla dobbiamo abbandonare la strada asfaltata e percorrerne una sterrata e tortuosa per circa una decina di kilometri.
Sparse qua e là povere case di mattoni fatti di paglia e fango essiccati al sole (adobe); qualche pecora al pascolo, non più le greggi e i lama incontrati poco prima sulla strada maestra.
Le coltivazioni di mais e patate denotano la possibilita di ricavare dalla terra quanto basta per sopravvivere, qui, a 3.700 mt.
Almeno non si muore di fame ma che povertà!
Poi eccoli finalmente i nostri amici Quechua.
Li incontriamo intenti a scavare uno scolo per l'acqua armati di zappe e badili, lavorano tutti: uomini e donne con i loro piccoli nel fagotto legato sulle spalle, rimaniamo piacevolmente sorpresi perchè sappiamo che oggi anche tra i popoli indigeni si sta perdendo il senso di appartenenza comunitaria che ha caratterizzato sempre questa gente.
Si fermano a salutarci, qualcuno corre alla piazza per annunciare il nostro arrivo.
La piazza!
Donde esta?
Vediamo uno spìazzo erboso e sconnesso, da un lato una chiesetta semicrollata per il terremoto, che la Diocesi non sembra preoccuparsi di ricostruire: un prete viene a dire messa una volta al mese finchè rimarrà su qualche pietra.
Fingiamo di non cogliere la loro muta richiesta di ricostruirla, non ci sembra compito nostro; un piccolo cimitero invaso da erbacce e due casotti di lamiera come gabinetti pubblici poi ... ecco finalmente, al lato opposto la biblioteca.
Ma qui debbo prendere un bel respiro perchè ... beh, vi dirò!
Nedda e Fortunato